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Torna la foca monaca nel Cilento: un avvistamento storico che racconta la rinascita del nostro mare

Foto di Cosmin Anton Mihoc Cosmin Anton Mihoc Ultima modifica: 25 luglio 2025 Lettura di 9 min

La costa del Cilento, con il suo mare cristallino e le scogliere avvolte dalla macchia mediterranea, è da sempre un luogo di leggende e biodiversità. L’estate 2025 ha restituito a questa terra un simbolo antico e quasi dimenticato: la foca monaca mediterranea (Monachus monachus). Dopo oltre un secolo di assenza, l’avvistamento di diversi esemplari fra il Golfo di Napoli e le aree marine protette cilentane ha catalizzato l’attenzione di biologi marini, istituzioni, operatori turistici e semplici amanti della natura. Non si tratta di una curiosità passeggera, ma di un evento che racconta un cambiamento profondo del nostro mare e della consapevolezza collettiva verso la sua tutela.

Una specie leggendaria e fragile

La foca monaca mediterranea è uno dei mammiferi marini più rari al mondo. La sua presenza era un tempo comune lungo tutte le coste del Mediterraneo, ma nel corso del Novecento la caccia spietata per la sua pelliccia, la distruzione degli habitat costieri e l’urbanizzazione hanno quasi annientato la specie. Oggi sopravvive unicamente in alcune isole della Grecia e della Turchia e, sporadicamente, nelle acque libiche e canarie. Vederla nuotare nelle nostre acque significa assistere a un ritorno alla storia naturale del Mediterraneo, un segnale che la qualità dell’ambiente marino sta migliorando grazie a misure di protezione e alla sensibilizzazione sull’importanza degli ecosistemi.

Le foche monache hanno un corpo tozzo e muscoloso, possono superare i trecento chilogrammi di peso e sono facilmente riconoscibili per il manto bruno‑grigiastro con chiazze più chiare sul ventre. Animali elusivi e sensibili al disturbo, trascorrono gran parte del loro tempo in mare, ma utilizzano grotte e anfratti costieri per riposare, partorire e allattare i piccoli. Proprio queste grotte, spesso accessibili ai diportisti e ai turisti, sono diventate col tempo sempre più rare a causa delle costruzioni costiere e del traffico nautico. Un’efficace gestione delle aree marine protette è dunque fondamentale per garantire loro la tranquillità necessaria.

Gli avvistamenti e cosa significano

Da fine primavera a inizio estate si sono susseguite segnalazioni di foche monache tra Capri, Ischia, la Penisola Sorrentina e il Cilento. Nelle acque tra Scario e Marina di Camerota, nel cuore dell’Area Marina Protetta Costa degli Infreschi e della Masseta, sono stati documentati nuotatori solitari. Altri avvistamenti sono stati registrati nei pressi di Punta dell’Ogliastro e Punta Licosa, all’interno dell’Area Marina Protetta Santa Maria di Castellabate, e persino davanti alle spiagge della costiera amalfitana. I video girati da pescatori e bagnanti mostrano animali in buone condizioni, intenti a cacciare pesci o semplicemente a curiosare lungo la costa.

Gli esperti invitano alla prudenza: potrebbe trattarsi di esemplari giovani in esplorazione che hanno trovato condizioni favorevoli nelle nostre acque, grazie a un pesce abbondante e ad aree di quiete. Tuttavia, se il fenomeno dovesse proseguire, potrebbe indicare che la Campania è di nuovo idonea a ospitare una popolazione stabile di foche monache. Per questo le istituzioni hanno avviato un coordinamento per monitorare la situazione, condividere dati, informare i residenti e formare operatori turistici e pescatori su come comportarsi.

Il ruolo del Cilento e delle aree marine protette

Il ritorno della foca monaca non è casuale. Nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni sono attive due aree marine protette di rilevanza internazionale: la Costa degli Infreschi e della Masseta e la Santa Maria di Castellabate. Queste zone tutelate limitano le attività di pesca, vietano l’ancoraggio in prossimità di habitat sensibili e prevedono l’accesso regolamentato alle grotte. La collaborazione fra l’Ente Parco, le amministrazioni locali e le associazioni ambientaliste ha permesso di proteggere coste, fondali e specie rare come la Posidonia oceanica. Grazie a tali sforzi si registra da anni un aumento della biodiversità ittica e una maggiore presenza di cetacei, tartarughe marine e ora anche foche monache.

La custodia del patrimonio marino cilentano passa anche attraverso progetti europei come LIFE SeaNet, che promuove la rete di monitoraggio degli animali marini a rischio e campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini. I ricercatori installano telecamere e organizzano sessioni di osservazione dalla terraferma per intercettare gli spostamenti degli animali; i pescatori sono formati per segnalare incontri e per adottare reti selettive che riducano il rischio di catture accidentali. Inoltre, gli operatori del settore turistico hanno aderito a un codice di condotta che limita l’avvicinamento alle foche e prevede un uso sostenibile delle imbarcazioni.

Cosa fare se si incontra una foca monaca

La curiosità di avvistare una foca monaca è comprensibile, ma è fondamentale ricordare che si tratta di una specie protetta, estremamente sensibile al rumore e al contatto umano. Se ci si imbatte in un esemplare, la regola d’oro è mantenere le distanze: almeno 100 metri in mare e non avvicinarsi alle grotte dove potrebbe riposare. È importante non tentare di dargli cibo né di attirare la sua attenzione; ogni interazione potrebbe stressare l’animale o indurlo ad abbandonare l’area.

In caso di avvistamento, si raccomanda di avvertire immediatamente la Capitaneria di Porto competente o l’ISPRA, fornendo luogo, data, orario e, se possibile, immagini o video per documentare l’evento. Informare le autorità aiuta a costruire un database di osservazioni utile a capire se il ritorno della specie sia occasionale o preluda alla formazione di un nucleo stabile. Le aree marine protette hanno attivato anche un numero telefonico dedicato e piattaforme online per raccogliere segnalazioni.

Per i diportisti, le principali regole sono: navigare a velocità moderata, evitare di lanciare l’ancora su praterie di Posidonia o vicino alle grotte, non inseguire gli animali in acqua e spegnere i motori quando si osservano. I sub e gli snorkeler devono limitare il tempo di permanenza in prossimità delle grotte e non utilizzare flash o illuminazioni invasive.

Simbolo di un ecosistema che rinasce

L’immagine di una foca monaca che riaffiora nelle acque cilentane è il racconto più potente della rinascita di un mare spesso dato per perduto. Ma non è l’unico segnale positivo. Negli ultimi mesi il Parco del Cilento ha festeggiato l’avvistamento della rarissima farfalla Zerynthia cassandra e ha avviato il progetto R.A.MO.CA., che prevede l’installazione di fototrappole per studiare specie arboricole come il ghiro, il moscardino e lo scoiattolo meridionale. Anche le tartarughe marine, in particolare la Caretta caretta, continuano a nidificare lungo le spiagge di Ascea, Pisciotta e Palinuro, grazie all’impegno di biologi e volontari.

Questi eventi evidenziano l’importanza di un approccio integrato alla conservazione: proteggere gli habitat, promuovere una pesca sostenibile, controllare l’afflusso turistico e sensibilizzare le comunità locali. Solo così il Cilento potrà continuare a essere una destinazione di bellezza straordinaria e un laboratorio a cielo aperto per la tutela della biodiversità.

Turismo responsabile e opportunità per il territorio

L’arrivo delle foche monache offre al Cilento l’occasione di raccontare il proprio patrimonio naturale con occhi nuovi. Le amministrazioni locali stanno elaborando percorsi di turismo responsabile che uniscono mare e terra: escursioni guidate lungo i sentieri costieri, visite alle grotte marine con guide abilitate, laboratori didattici nei centri visita e incontri con biologi per approfondire la conoscenza degli animali marini. Queste attività, se ben organizzate, possono generare un’economia alternativa e duratura, basata sulla valorizzazione del territorio e non sullo sfruttamento.

Al tempo stesso, si stanno sviluppando campagne educative rivolte alle scuole per spiegare ai più giovani il valore degli ecosistemi marini. Durante l’estate sono previsti workshop nelle spiagge per sensibilizzare turisti e residenti su raccolta differenziata, plastic‑free e conservazione di flora e fauna. Il Parco sta promuovendo progetti di citizen science: chiunque può segnalare osservazioni di animali o piante attraverso app dedicate, contribuendo a creare mappe aggiornate della biodiversità.

La rinascita del mare cilentano è un’opportunità per il settore turistico, che può diversificare l’offerta oltre il tradizionale “sole e spiaggia”. Eventi culturali come il festival diffuso “Week End al Parco”, che porterà concerti e spettacoli nei luoghi più suggestivi del territorio, e la valorizzazione di itinerari come il Cammino di San Nilo o la visita alle Grotte di Castelcivita e Pertosa‑Auletta, si inseriscono in una strategia più ampia di destagionalizzazione. Offrire esperienze durante tutto l’anno consente di distribuire i flussi e ridurre la pressione dei mesi estivi.

La sfida futura

La presenza della foca monaca è un regalo prezioso che il mare cilentano fa ai suoi abitanti e visitatori. Ma è anche una responsabilità. Perché la specie possa insediarsi stabilmente occorre ridurre l’inquinamento acustico e luminoso, migliorare la gestione dei rifiuti, controllare la pesca illegale e preservare le grotte costiere. È necessario, inoltre, che le istituzioni garantiscano risorse economiche stabili per la ricerca e il monitoraggio, coinvolgendo università, enti pubblici e privati.

Allo stesso tempo, i cittadini devono sentirsi parte attiva di questo processo: scegliere operatori turistici che adottano pratiche sostenibili, sostenere le iniziative di volontariato ambientale, informarsi sulle normative e rispettare le aree protette. Ogni gesto conta: anche non gettare un mozzicone in mare o segnalare un comportamento scorretto contribuisce a creare un ambiente più sano.

Conclusione

Il ritorno della foca monaca nel Cilento non è solo una curiosità per amanti della natura. È la dimostrazione concreta che le scelte di tutela del territorio funzionano, che la sensibilità dei cittadini cresce e che l’ecosistema marino ha una straordinaria capacità di rigenerarsi quando gli viene data la possibilità. Raccontare questa storia significa invitare alla speranza e alla responsabilità: speranza che il nostro mare possa tornare a ospitare specie rare e affascinanti, responsabilità di continuare a proteggerlo per le generazioni future. Ogni sguardo che si poserà su quelle acque, ogni turista che sceglierà il Cilento per un viaggio consapevole, potrà diventare ambasciatore di questo messaggio di rinascita.

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